Non è facile trovare un saggio storico che abbia la tensione narrativa di un romanzo, ma è questa la cifra più significativa di “Vite in cambio”, di Santino Gallorini. Il libro è la narrazione delle vicende legate al partigiano siciliano Gianni Mineo, figura di straordinario spessore umano e civile, per troppo tempo relegata ad un immeritato oblio.
Questa in breve la storia: Giovan Battista Mineo, giovane ed abile pugile siciliano, lascia la sua Bagheria per arruolarsi come carrista. Le vicissitudini di un esercito dopo l’8 Settembre allo sbando, lo conducono a divenire spia dei repubblichini, quindi controspia dei partigiani della Brigata “Pio Borri” operante nei pressi di Arezzo. In questa veste riesce a far liberare un alto ufficiale tedesco fatto prigioniero da alcuni partigiani slavi fuggiti dal campo di concentramento di Renicci e, dunque, a salvare la vita ai 209 ostaggi che i tedeschi erano pronti a trucidare nella minacciata rappresaglia. Ma, seppur numerose, non saranno le uniche vite che Mineo salverà, dimostrando, nei tanti episodi – efficacemente raccontati da Gallorini che cita fonti su fonti, testimonianze e lo stesso diario delle memorie del partigiano, ricevuto dalla figlia Caterina Mineo – una straordinaria umanità, cui fa da contrappunto essenziale un tenace e costante attaccamento ai valori elevatissimi della pace e della solidarietà.
Se ci si estranea per un attimo dalla ricchissima documentazione storica, dalle fonti e dalle testimonianze dirette di chi ancora conserva memoria delle gesta di quel giovane siciliano, le vicende di “Vite in cambio” sembrano frutto della fantasia di un abilissimo romanziere. Ma la loro meravigliosa veridicità storica dà conto, non solo della fulgida personalità di un personaggio come Mineo (non a caso, nel giugno del 2014, il Comune di Arezzo ha voluto intitolargli un parco) ma anche del contributo che i meridionali hanno saputo dare alla Resistenza, ruolo spesso sottaciuto. E ricollega le vicende storiche di “Vite in cambio” con quelle altrettanto esemplari di altre “Resistenze”, quali quelle contro la mafia, al malaffare, alla corruzione, per la difesa e l’affermazione dei diritti sociali, civili, della democrazia, della pace. Resistenze che implicano spesso la rinuncia al proprio tornaconto, così da offrire, come fece Mineo, il proprio contributo alla società.
In altre parole, Mineo è una figura di elevatissimo spessore politico, non nel senso di una qualche sua appartenenza a questa o quella formazione partitica (che peraltro non risulta), ma per quella sua capacità umana di recuperare il significato etimologico più puro del termine, quello dal greco Polis. Gianni Mineo è pertanto un personaggio di straordinaria attualità, ed il suo esempio rappresenta la perfetta antitesi al qualunquismo ed all’edonismo di questi nostri tempi, tanto più che del suo agire per settant’anni s’erano perse le tracce, non essendosene rimasto ad indugiare nel raccogliere gli allori per il suo operato, poiché altre erano le ricompense cui ambiva, altre, più profonde e umane, le sue aspettative.
Del libro di Santino Gallorini su Gianni Mineo si parlerà a Bibbiena (AR) il 13 febbraio, alle 18,00, presso il salone della Biblioteca Comunale della cittadina, proprio a due passi dai luoghi in cui Gianni Mineo ha esternato il meglio della sua umanità. Una serata organizzata dall’associazione culturale “Milleforme” e dalla Associazione Autonoma Pro Centro Storico di Bibbiena, alla presenza, tra gli altri, dell’autore, dell’Avv. Prof. Eraldo Stefani, già legale rappresentante di parte civile per la strage di Vallucciole, e della Prof.ssa Patrizia Fabbroni, Presidente ANPI di Sansepolcro (AR).
Giovanni Carbone
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